I plantari per alluce valgo funzionano? Come fare per scegliere quello giusto?
Nell’articolo di oggi abbiamo intervistato il dr. Usuelli, che ha risposto ad alcune delle domande più frequenti sull’argomento.
Per un alluce valgo iniziale, il plantare può aiutare: distribuisce meglio i carichi e riduce il dolore sotto le teste metatarsali.
Ma è importante essere chiari: non corregge la deformità dell’alluce e non modifica l’evoluzione.
Può essere un alleato nel controllo dei sintomi, non una cura del problema.
Perché è così?
Usando una metafora, l’alluce è il direttore d’orchestra del passo: coordina equilibrio, propulsione e stabilità.
Quando si deforma, come accade nell’alluce valgo, l’armonia si spezza. Il piede cerca di compensare: le piccole dita e i metatarsi vicini sono costretti a lavorare di più, fino a sviluppare ipercheratosi, calli e metatarsalgia.
In altre parole, il plantare “accorda” meglio l’orchestra, ma non restituisce all’alluce la sua direzione originaria.
Esistono 4 tipi principali di plantari per alluce valgo:
Il plantare, dunque, non raddrizza l’alluce, ma può ridare equilibrio e consapevolezza al passo.
Perché curare un alluce valgo non significa solo correggere un osso, ma ritrovare la musica del movimento.
In realtà, non è sempre una distinzione netta.
Alluce valgo e piede piatto spesso sono due capitoli della stessa storia: il primo metatarso che si indebolisce, l’arco plantare che cede, l’alluce che devia. Non a caso, molti pazienti presentano entrambe le condizioni, e il plantare deve “leggere” questa sinergia.
In questa visione, il plantare diventa un mediatore di equilibrio: sostiene dove serve e libera dove il piede deve muoversi.
Oggi, con i plantari intelligenti, questa sinergia si amplifica: sensori e dati aiutano a comprendere come interagiscono retropiede e avampiede, e a rieducare l’intero passo, non solo una parte.
Perché piede piatto e alluce valgo non sono due problemi separati, ma due modi diversi con cui il piede racconta la stessa fragilità: la perdita di stabilità del suo asse maestro.
Quando all’alluce valgo si associano dita a martello, la strategia cambia.
Il piede, ormai, non ha solo perso equilibrio, ma anche spazio: le altre dita si accorciano, si incurvano, la scarpa diventa un ambiente affollato e fragile.
In questi casi, il plantare non è quasi mai indicato.
Aggiungere spessore sotto il piede aumenta gli ingombri, spinge il dorso delle dita contro la tomaia e incrementa gli attriti. Il risultato può essere controproducente: più dolore, callosità dorsali e, nei casi più delicati, rischio di ulcerazioni.
L’obiettivo, qui, non è sostenere ma alleggerire:
In sintesi: quando l’alluce valgo convive con dita a martello, meno è meglio.
Non serve aggiungere un plantare: serve restituire spazio e protezione al piede.
Le casistiche principali a cui fare riferimento sono 4:
La vera domanda non è “serve il plantare?”, ma “a che punto sono della mia storia con l’alluce valgo?”
Per capire se è il momento di pensare alla chirurgia o restare sul percorso conservativo, il paziente può porsi alcune semplici domande:
Se rispondi sì a tre, probabilmente è il momento di pensare a un intervento chirurgico.
Anche con due sì, va valutato l’intervento.
Con una o nessuna risposta affermativa, si lavora su esercizi e strategie conservative.
In breve, il plantare è un supporto ortopedico che aiuta a:
Ma se l’alluce ha perso non solo funzione, ma anche forma e libertà, allora è la chirurgia a restituire il vero equilibrio e la qualità della vita al paziente.