In questo articolo spieghiamo in dettaglio cosa significa avere "caviglie che cedono" e come si cura l'instabilità di caviglia:
Immagina di camminare per strada, un passo dopo l’altro, quando improvvisamente senti la caviglia “scapparti” di lato, come se per un istante non ci fosse più controllo. Questo fenomeno, spesso descritto come “caviglia che cede”, è il segno di un'articolazione instabile.
L’instabilità di caviglia non è il frutto di un semplice trauma distorsivo, ma è una “caviglia debole”: una condizione in cui le strutture anatomiche e il sistema di controllo neuromuscolare non riescono a garantire stabilità durante il movimento o in appoggio. Può essere un episodio sporadico, ma quando diventa frequente, si entra in un quadro clinico ben definito, con conseguenze potenzialmente gravi per la salute dell’articolazione (artrosi) e per il rischio di caduta in generale.
Avere una caviglia instabile vuol dire che i meccanismi meccanici e neuromuscolari, che mantengono il piede in asse con la gamba, non funzionano in maniera ottimale. Questa mancanza di controllo può manifestarsi in attività quotidiane (salire le scale, camminare su un terreno sconnesso) o durante lo sport.
In medicina, definire con precisione una condizione è fondamentale. La classificazione non è un esercizio accademico, ma una bussola: ci permette di parlare la stessa lingua, capire la gravità del problema e scegliere il trattamento più adatto.
In questo ambito, insieme ad Andy Molloy, collega di Liverpool (UK), ho proposto e pubblicato su Foot and Ankle Surgery (organo scientifico della Società Europea in ambito di piede e caviglia) una classificazione delle instabilità di caviglia che tenga conto di meccanica articolare, controllo neuromuscolare e danno associato alle strutture peri-talari.
Il dolore non è sempre presente. Questo è uno dei motivi per cui molti pazienti arrivano dal medico quando il problema è già avanzato: spesso l’instabilità cronica è silenziosa fino a quando il danno cartilagineo è in atto, o peggio, quando si è sviluppata una artrosi.
Può succedere che neanche la flessione plantare attiva o passiva della tibiotarsica dia dolore.
Più che dolore, quindi, i primi segnali possono essere:
La caviglia è mantenuta stabile da un complesso sistema di muscoli e di legamenti laterali e mediali, integrato da un sofisticato controllo neuromuscolare. Quando uno di questi elementi si compromette, la stabilità ne risente.
L’instabilità meccanica si verifica quando le strutture passive della caviglia, in primis i legamenti, non sono più in grado di garantire stabilità. Le cause principali sono due: traumatiche e strutturali.
1. Lesioni traumatiche dei legamenti laterali
Il primo a lesionarsi, nella maggior parte delle distorsioni laterali di caviglia, è il legamento peroneo-astragalico anteriore. Questa lesione, da sola, tipica di una distorsione laterale, nella maggior parte dei casi non è sufficiente a determinare una vera instabilità: il paziente può avvertire dolore o cedimenti occasionali, ma la stabilità è ancora in parte garantita dal legamento peroneo-calcaneale.
Quando la lesione coinvolge entrambi, legamento peroneo-astragalico anteriore e peroneo-calcaneale, allora l’instabilità diventa manifesta, perché viene meno il doppio “fermo” che stabilizza il complesso laterale insieme ad un terzo legamento (peroneo-astragalico posteriore): uno anteriore e uno posteriore-inferiore. Questa condizione è tipica dei cedimenti ripetuti, specialmente in flessione plantare e in carico.
2. Deformità scheletrica in varismo
Esiste anche un’instabilità meccanica “da forma” più che da trauma: in alcune persone, un varismo dell’astragalo o del retropiede porta la caviglia a lavorare già in posizione di precarico verso l’esterno. In questo assetto, i legamenti laterali sono sottoposti a una tensione cronica, che ne accelera l’usura e facilita le distorsioni. Qui non è solo il danno acuto a destabilizzare l’articolazione, ma la geometria stessa dello scheletro che predispone all’instabilità.
Qui i legamenti possono essere integri, ma il sistema di controllo neuromuscolare è alterato. In pratica, il piede non riceve o non processa correttamente le informazioni propriocettive, reagendo in ritardo e consentendo alla caviglia di cedere.
Alcuni pazienti hanno una predisposizione anatomica a una maggiore lassità legamentosa. Questo può essere congenito o secondario a microtraumi ripetuti.
Quando sospettiamo un’instabilità cronica di caviglia, l’esame obiettivo è il primo passo. I test principali sono:
Gli esami strumentali completano la diagnosi: la risonanza magnetica permette di studiare legamenti e cartilagine, mentre la TAC in carico offre una valutazione strutturale dell’architettura articolare, permettendo di valutare l'allineamento e l'evolutività del quadro legata a sovraccarichi biomeccanici.
Il trattamento varia in base alla gravità e alla causa dell’instabilità:
Ignorare o sottovalutare una caviglia instabile significa accettare il rischio di evoluzione verso:
Per questo è fondamentale rivolgersi a un medico esperto che possa indicare il percorso di trattamento più adatto.
Bibliografia essenziale