Protesi di caviglia: 10 informazioni importanti da dare al paziente

protesi caviglia

Questo articolo ha lo scopo di rispondere a molte delle domande sulla protesi di caviglia che mi vengono rivolte su Facebook e Instagram dai miei pazienti.

La diversità di questo articolo rispetto ad altri è che le vostre domande mi permettono di rispondere a dubbi e interrogativi che alle volte vengono dati per scontati, ma che in realtà non lo sono.

Per correttezza, faccio una premessa:

l’obiettivo di una protesi di caviglia è tornare a camminare senza dolore.

Iniziamo dalla prima domanda.
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Mi hanno consigliato l’artrodesi. Perché non la protesi di caviglia?

artrodesi caviglia vs protesi

In questo caso non partirei dal presupposto che sia stato dato un consiglio sbagliato.

Ritengo che l’artrodesi sia ancora una soluzione:

  • nei casi estremi, dove per esempio la quantità d’osso è insufficiente per pianificare un intervento di protesi di caviglia;
  • in certi casi di revisione protesica.

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Intervento protesi di caviglia: le differenze con protesi d’anca o ginocchio?

intervento protesi caviglia

Penso che la risposta venga dalla comprensione della patologia: ovvero, non stiamo parlando degli stessi numeri della protesi d’anca o della protesi di ginocchio.

Per sviluppare un’artrosi d’anca o di ginocchio, infatti, è sufficiente invecchiare: considerando che la popolazione italiana invecchia sempre più, esistono grandi numeri e in quasi ogni ospedale esistono chirurghi che sono alla fine della loro learning curve, il che significa che eseguono un numero sufficiente di protesi d’anca e di ginocchio per essere definiti affidabili.

Diverso è quando parliamo di protesi di caviglia.

Infatti l’artrosi di caviglia non colpisce pazienti anziani. Questo perché la nostra caviglia è un’articolazione congruente: se non si interrompe questa congruenza, come avviene in seguito ad una frattura, è praticamente impossibile sviluppare artrosi di caviglia.

Proprio per quanto spiegato, i numeri della protesi di caviglia sono inferiori a quelli di anca e ginocchio: per questo è importante parlare di “centri di riferimento”, ovvero centri che diano modo ai chirurghi di formarsi, guidati da un tutor che li aiuti nel sviluppare le competenze necessarie per affrontare la protesica di caviglia.

Questo ci porta alla prossima domanda.
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Protesi di caviglia: dopo quanti interventi un chirurgo è considerato affidabile?

 

Abbiamo affrontato questo argomento in diversi articoli scientifici, ovvero il ruolo della learning curve nella storia di un chirurgo.

Foot and Ankle Surgery, la rivista europea di riferimento per la chirurgia di piede e caviglia, ha pubblicato diversi nostri articoli , dedicati al ruolo della learning curve nella protesica di caviglia.

Secondo i nostri studi, il livello minimo – ma dipende dalle variabili – è di almeno 30 protesi all’anno. Come dicevamo prima però, il chirurgo è limitato nel completare la sua learning curve dai bassi numeri dell’artrosi di caviglia. Ecco perché diventa importante il ruolo centro di riferimento.

protesi caviglia centri specializzati

Un altro problema importante è legato a un tratto differente tipico dall’artrosi di caviglia: la deformità.

Infatti dopo una frattura alla caviglia, in genere si sviluppa rigidità, quindi artrosi, ma anche deformità. In questi casi, non si può pensare di andare ad eseguire un intervento di protesi di caviglia senza trattare e riallineare la deformità associata all’artrosi, sia nel caso coinvolga il piede che la caviglia stessa.

Molto spesso protesi di caviglia significa anche riallineamento della caviglia e del piede.

Avere un’équipe medica dedicata, diventa quindi fondamentale quando ci si approccia ad un caso complesso in cui è ancor più importante ridurre al minimo la durata dell’intervento.

In questi 10 anni ho curato oltre 1.000 pazienti di artrosi di caviglia: nella protesi di caviglia, il mio team, rappresenta una realtà unica nella cura dell’artrosi di caviglia.
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Perché mi hanno sconsigliato la protesi di caviglia?

 

Perché è una recente acquisizione.

Spieghiamo meglio: in realtà, le protesi di caviglia si impiantavano già prima degli anni ’50, ma i risultati erano scadenti. Si trattava infatti di impianti creati senza aver compreso realmente l’anatomia e la biomeccanica della caviglia, senza quindi un design appropriato.

I fallimenti riguardavano sia le protesi con approccio anteriore che con approccio laterale.

Oggi godiamo di 10 – 15 anni di storia sulla protesi di caviglia da cui abbiamo imparato e che ci hanno permesso di migliorarci. Oggi possiamo quindi definire l’intervento di protesi di caviglia un intervento affidabile nelle mani di un’equipe interamente dedicata a questo tipo di chirurgia.

Inoltre è importante considerare che proprio per la giovane età dei pazienti, caratteristica tipica dell’artrosi di caviglia, è corretto pensare ad un possibile intervento di revisione protesica nell’arco della vita.

Questo spaventa spesso chirurghi non dedicati alla chirurgia del piede e della caviglia, o con poca esperienza in ambito di protesi di caviglia, portandoli a proporre interventi come l’artrodesi ovvero il blocco della caviglia.

Ho più volte insistito, appoggiato dalla letteratura scientifica e da colleghi competenti in tutto il mondo, che l’artrodesi, portando ad un sovraccarico articolare delle articolazioni vicine alla caviglia e quindi ad un successivo sviluppo di artrosi ed interventi secondari, non è da vedersi come la soluzione alla protesi di caviglia bensì come un antenato ormai superato.

Fatta questa premessa è importante sottolineare però quanto sia fondamentale, nella protesi di caviglia, utilizzare un impianto che permetta di risparmiare osso ovvero “bone stock”.

Ecco perché negli ultimi anni si è posta sempre più attenzione nel disegnare e sviluppare impianti protesici che permettessero un risparmio di bone stock.

Da questa esigenza nasce l’approccio laterale e l’idea della protesi resurfacing.

L’approccio laterale infatti consente di riprodurre l’originale anatomia della caviglia riducendo al minimo la resezione ossea. Inoltre l’approccio laterale permette di decidere direttamente il centro di rotazione.

Ricapitolando quindi i vantaggi legati all’approccio laterale sono principalmente:

  • vantaggio anatomico, si ricrea la forma della caviglia (mantenendo la curvatura della tibia e della cupola dell’astragalo);
  • risparmio osseo, in questo caso si può programmare in futuro una revisione.

Anteriormente al contrario diventa difficile riuscire a riprodurre la naturale forma anatomica della caviglia, essendo costretti ad eseguire tagli dritti e non curvi. In questo modo il risparmio osseo è sicuramente minore.

Tuttavia esistono casi in cui è più indicato l’approccio anteriore. Si tratta di casi che personalmente seleziono con attenzione, ritenendo infatti che per un paziente:

  • giovane;
  • con elevate richieste funzionali;
  • con necessità di correzione di una grave deformità,

sia più indicato l’approccio laterale.

Proprio perché ritengo che la consapevolezza e l’informazione aiutino il paziente nel percorso post-operatorio e nel rendere più realistiche le aspettative, voglio concludere questo articolo con un’ulteriore domanda che spesso mi viene posta.
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Quale anestesia viene fatta?

 

L’anestesia è un’anestesia periferica, più precisamente un’anestesia spinale che viene poi associata a dei blocchi selettivi. Questa tipologia di anestesia è fondamentale in quanto permette al paziente di non avvertire dolore subito dopo l’intervento, lasciando addormentata la gamba per qualche ora.

La paura, l’ansia dell’intervento non devono quindi interferire con la corretta scelta dell’anestesia che non deve essere un’anestesia generale (se non in casi particolari selezionati dall’anestesista) .

Nel caso non si voglia essere coscienti durante l’intervento o per placare l’ansia, la preoccupazione legata all’intervento e alla sala operatoria, basta richiedere una sedazione.

Scegliendo l’anestesia corretta avremo:

  • un sanguinamento ridotto;
  • un intervento più semplice per il chirurgo;
  • la possibilità di stare in piedi già dal giorno dopo.

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Com’è il recupero dopo l’intervento di protesi di caviglia?

 

Per quanto riguarda il recupero dopo l’intervento questo può variare da paziente a paziente.

La diversità principe è la possibilità o meno, a seconda di caratteristiche fisiche, legate alla deformità e alla qualità  dell’osso, di aderire ad un protocollo “fast track”, ovvero un protocollo che preveda un carico immediato permettendo un recupero più veloce.

La “novità” del fast track, che tanti miei pazienti non hanno potuto provare, non è nata banalmente sull’onda dell’entusiasmo.

Al contrario il fast track è stato introdotto dopo aver conosciuto, valutato e analizzato i vantaggi che questo protocollo mostrava nei pazienti operati di protesi di ginocchio e protesi d’anca.

In questo modo è stato possibile adattare il protocollo fast track alla protesi di caviglia facendo affidamento però sull’esperienza dei nostri “fratelli maggiori” di anca e ginocchio!

Indubbiamente il carico immediato rimane il punto forte del protocollo fast track. Concedendo subito il carico infatti, permettiamo all’organismo di non perdere propriocettività e di prendere confidenza da subito con l’appoggio corretto.

Il recupero post operatorio però non può essere uguale per tutti i pazienti, ma deve tenere conto, come accennavo prima, del tipo di deformità, della qualità dell’osso, del peso del paziente, dei precedenti interventi e quindi delle condizioni dei tessuti molli.

Nei pazienti candidati al fast track possiamo decidere di non utilizzare lo stivaletto gessato, rinunciando quindi all’immobilizzazione, ma concedendo comunque un carico immediato.

protesi caviglia recupero post operatorio

In questi casi è anche possibile utilizzare il “Game Ready”, un manicotto che produce ghiaccio e pressione, riducendo il gonfiore, il dolore e la tumefazione dei tessuti molli.

Questa è sicuramente la massima espressione del Fast Track.

Abbiamo poi un altro gruppo di pazienti in cui decidiamo di concedere il carico immediato, ma mantenendo l’immobilizzazione e quindi il gesso. Questo può avvenire nei casi in cui abbiamo paura di retrazioni legate ai tessuti molli.

Ancora diverso è per pazienti con deformità importanti, che richiedono più tempi chirurgici.

In questi pazienti è importante il carico, ma non deve essere immediato. È previsto quindi l’utilizzo dello stivaletto gessato sul quale viene chiesto di caricare, ma dopo un periodo variabile (tra le 2 e le 4 settimane), di scarico.

Sono l’evoluzione e la scelta precisa di tutte queste componenti, anestesia, game ready, fast track, che hanno cambiato l’intervento di protesi di caviglia.
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E’ possibile fare sport con una protesi di caviglia?

Una protesi di caviglia non ti trasforma in un super-eroe.
Se prima di ammalarti di artrosi di caviglia eri un paziente che conduceva una vita sedentaria, tornerai alla tua vita sedentaria senza dolore.
Se, invece, eri un atleta, conoscevi il sacrificio dell’allenamento e l’importanza di darsi obiettivi da raggiungere nel tempo, è possibile tornare a livelli elevati di attività.
Abbiamo operato pazienti di protesi di caviglia, che erano alpinisti prima di ammalarsi: sono tornati ad essere alpinisti.
Sciatori che sono tornati a sciare.
Ovviamente sconsigliamo sport a rischio traumatico.

Quanto dura l’intervento chirurgico di protesi alla caviglia?

La durata dell’intervento è un indicatore importante dell’esperienza del team chirurgico a curare l’artrosi di caviglia con una protesi. Ovviamente, non è l’unico!
Il nostro tempo medio per una protesi di caviglia è inferiore ai 60 minuti.
Questo grazie ad un team dedicato: gruppo di anestesisti (guidati dal Dr Cama, primario anestesista) che eseguono protocollo di gestione del dolore e controllo perdite ematiche, ferristi dedicati al mio team e guidati da un professionista che li coordina (Domenico Santoro), gruppo di chirurghi che conoscono a memoria l’intervento e lavorano in modo affiatato con la stessa passione da anni.

Quanto dura la protesi alla caviglia? Quanti anni?

Una protesi di caviglia non necessariamente richiederà una revisione.

Parliamo di numeri: è dimostrato che la durata dell’impianto dipenda da:

  1. esperienza del team chirurgico: ha un impatto sul posizionamento dell’impianto, sulla stabilità e sul rischio di complicanze,
  2. design e caratteristiche dell’impianto,
  3. caratteristiche del paziente.

Nei centri di riferimento, team leader di grandi casistiche hanno pubblicato protesi di caviglia senza revisione nell’80% dei casi oltre i 10 anni, nel 70% oltre i 15 anni.
Stiamo parlando, quindi, di un vasto numero di pazienti per cui le protesi durano oltre 15 anni.
Si tratta di dati raccolti oltre 15 anni fa e che gli impianti di oggi sono destinati a migliorare.
Recentemente, abbiamo ottenuto 98% di pazienti liberi da revisione a medio termine (uno dei migliori risultati descritti in letteratura).
E’ importante rivolgersi a Centri e Chirurghi che abbiano Registri Protesici d’Istituto, perché è solo grazie a questi strumenti che si riescono a dare dati precisi e coerenti.

Il ruolo dell’informazione, il valore della consapevolezza

 

Più si è consapevoli, più le aspettative saranno realistiche.

L’informazione gioca un ruolo fondamentale nel processo di guarigione, permettendo al paziente di avere degli obiettivi realistici e concreti, prendendo parte attivamente al programma riabilitativo.

usuelli ortopedico caviglia

L’errore più comune che un paziente può fare è nell’aspettativa.

Una caviglia protesizzata non sarà mai come una caviglia sana, ma sarà sicuramente meglio di una caviglia malata!

Ecco perché l’informazione e l’aspettativa sono fondamentali. L’obiettivo di una protesi di caviglia è quello di avere un piede che appoggia per terra – plantigrado- e di permette una fase di spinta regolare nel tempo.

Ciò che fa veramente la differenza tuttavia, è la vostra motivazione: mi rendo conto che vi chiedo dei grandi sacrifici quando vi chiedo di caricare subito.

Bisogna avere fiducia: nella maggior parte dei casi la fiducia vi permetterà di essere soddisfatti prima. Quindi nei primi 6 mesi bisogna preoccuparsi del recupero della funzione, cercando di non focalizzarsi sul dolore e sul gonfiore.

Per questo è importante avere ben chiaro, non solo la tipologia di intervento a cui ci si sottopone, ma anche il percorso post-operatorio in cui voi pazienti siete i veri protagonisti.
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Questo articolo è aggiornato a giovedì 17 marzo 2022 – Ultimo aggiornamento 17/3/2022

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