Rio ’16: dalla clavicola di Vincenzo Nibali alla frattura biossea di tibia e perone di Samir Ait Said.

vincenzo-nibali-ciclista-min

È peggio la frattura di Vincenzo Nibali o quella di Samir Ait Said?

In questi giorni le emozioni di gioia, sconforto, vittoria, sconfitta si succedono senza tregua alle olimpiadi di Rio ’16. Purtroppo avvengono anche gli infortuni, ne hanno fatto le spese italiani e francesi.

Ma al di là della sfortuna e della spettacolarità dell’infortunio, chi dei due si è fatto più male e in quanto tempo potranno tornare a competere nelle rispettive attività agonistiche?

La frattura di clavicola

La frattura di clavicola è un evento molto comune tra i ciclisti. Per una persona normale, spesso non è neanche necessario operarsi, si avrà semplicemente una gobbetta un po’ anti-estetica in corrispondenza del sito di frattura.

In un ciclista, invece, è una priorità ripristinare il più velocemente la clavicola per tornare a far forza sul manubrio: in una volata, in montagna, in discesa.

Nibali se la caverà con una placca, delle viti e probabilmente in meno di 40 giorni tornerà con cautela a montare in sella! In bocca al lupo, allo Squalo dello Stretto!

La frattura biossea, tibia e perone

Indubbiamente il francese, invece, vince la palma del più sfortunato. Una frattura biossea di gamba è un trauma importante.

Durante la prova di volteggio, Samir è atterrato male e si è visto chiaramente la gamba piegarsi in maniera innaturale. Il risultato: una frattura biossea di gamba con un successivo importante rischio di artrosi di caviglia post-traumatica.

La sfida del chirurgo

Il ginnasta dovrà essere operato e la sfida del chirurgo sarà ripristinare esattamente la lunghezza di entrambe: tibia e perone!

È un problema che va ben oltre il ripristino della lunghezza della gamba, al contrario, il problema principale sta nel ripristinare correttamente il rapporto tra tibia e perone. Il rischio è che in caso di insuccesso si determini una deformità.

Un perone troppo lungo significa un rischio di sviluppare una caviglia vara artrosica. Un perone troppo corto al contrario incrementa il rischio di avere una caviglia valga, una pinza tra perone e tibia (sindesmosi) allargata ed una progressivo piede piatto dolente e patologico: si tratta di pazienti che arrivano a camminare con il piede aperto verso l’esterno e che lamentano zoppia e dolore.
In bocca al lupo!

Auguriamo a Samir Ait Said che non si tratti di una frattura esposta (ossia che non si veda fuoriuscire l’osso dalla pelle) e che sia trattabile con una procedura con infibulo (chiodo): oggi è possibile farlo senza grandi incisioni e senza aprire il focolaio di frattura, incrementando la velocità di guarigione.

È possibile pensare che l’atleta francese torni ad appoggiare completamente il piede per terra tra circa 50 giorni e torni ad allenarsi nell’arco di 6 mesi.

 

Il danno cartilagineo

Il problema più importante che potrà incontrare a percorso riabilitativo inoltrato sarà il riscontro di un danno cartilagineo (lesione osteocondrale tibiale o astragalica). In quel caso potrebbe rivelarsi necessaria una procedura di ricostruzione biologica cartilaginea ed il recupero sarebbe procrastinato di qualche mese.

Durante il suo percorso riabilitativo, vedremo lo sfortunato campione lavorare in acqua sul ripristino del passo prima e successivamente della propriocettività.

Lo vedremo lavorare con elastici e poi a corpo libero. Il ruolo dei fisioterapisti seguirà quello del chirurgo a guarigione ossea avvenuta.

In bocca al lupo ad atleta, chirurghi e fisioterapisti!


Riconoscimento editoriale:  / Shutterstock.com


A domanda, risposta

Passo 1 di 3