L’impatto del Coronavirus in ortopedia: la nostra visione al webinar AOFAS

impatto covid19 ortopedia

Anything we do before a pandemic will seem alarmist, everything we do after will seem inadequate.
Don’t be afraid to lock down and be prepared to a new era.

Il webinar AOFAS

Venerdì 27 Marzo, nella notte, l’AOFAS (American Orthopaedic Foot and Ankle Society) ha tenuto un webinar.

Il panel prevedeva, oltre a me, il:

  • dr. Ma Xin, direttore del maggior dipartimento ortopedico di Wuhan;
  • dr. J. Tan, ortopedico di Singapore ed autore di uno dei primi articoli scientifici su COVD-19 ed Ortopedia su JBJSAm;
  • dr. Jung, direttore del maggior dipartimento ortopedico di Seoul, Corea del Sud.

Si sono collegati quasi 1.000 ortopedici da tutto il mondo, per la maggior parte americani (USA).

Condivido con voi questa esperienza, perché per la prima volta nella mia vita professionale, mi sono ritrovato a parlare non di quello che faccio tutti i giorni, non della mia chirurgia e dei miei pazienti, ma del mio Paese, delle nostre storie umane e di come ci siamo organizzati.

Nel mio intervento, ho confrontato il calendario dell’epidemia in Italia con il calendario della mia attività, confrontando le nostre scelte con quelle di altri sistemi che rappresentano l’avanguardia nella lotta al COVID: Cina e Corea.

Ho imparato ed ho capito che il nostro ruolo nel mondo è cambiato. In pochi giorni ci siamo trasformati da primo focolaio in Europa a cui guardare con sospetto ad un sistema da studiare, nel bene e nel male. In pochi giorni, l’Italia è diventata un punto di riferimento nella lotta al COVID, a prescindere e nonostante la politica.
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Differenze e confronti tra paesi

coronavirus nel mondo

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  • Differenze tra Cina e Italia

Wuhan è la maggiore città dell’Hubei. In Hubei vivono circa 50 milioni di persone. In Italia siamo circa 60 milioni. In quella che si chiama “Great Wuhan”, la città metropolitana, vivono circa 19 milioni di persone, in Lombardia 9 milioni.

Wuhan è una città rilevante in Cina, ma la Lombardia rappresenta e produce una porzione consistente del PIL italiano, incommensurabilmente di più di quanto Wuhan e l’Hubei non facciano per la Cina.

L’Italia ha, in aggiunta, una storia democratica diversa da quella cinese. Imporre misure restrittive con efficacia è indubbiamente più difficile in un sistema come quello italiano.

Questi ultimi due elementi possono spiegare l’iniziale riluttanza politica a chiudere completamente.

Infine, anche la risposta della popolazione alla chiusura è diversa. La Cina è autoritaria, l’Italia democratica.

Tuttavia, questo non è sufficiente a spiegare l’iniziale difficoltà della popolazione italiana a comprendere la gravità della situazione e ad adattarsi alle restrizioni.

La mia interpretazione personale è nell’inefficienza della campagna di comunicazione iniziale: fino a che a comunicare le restrizioni e le necessità di contenimento sono state le autorità politiche o amministrative, il messaggio non è stato recepito correttamente.

Quando si sono spese persone socialmente più attendibili per l’opinione pubblica, il messaggio è stato accolto.

I protagonisti della diffusione del messaggio sono stati:

  1. medici (credibili per i loro pazienti);
  2. sportivi;
  3. personaggi dello spettacolo (che sono seguite da un numero rilevante di persone);
  4. i numeri della pandemia stessa che avanzavano.

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  • Confronto tra Corea del Sud e Singapore

Singapore e Corea hanno diversità demografiche tra loro rilevanti che le rendono difficilmente paragonabili, ma hanno una caratteristica storica comune.

Hanno dovuto in passato fronteggiare epidemie e si sono strutturate per farlo con efficienza e velocità.

Singapore e Corea, per esempio, non hanno mai sospeso la chirurgia elettiva durante tutto il periodo dell’epidemia ed oggi, probabilmente, sono i primi due paesi ad essere tornati ad una vita quasi normale.

Hanno raggiunto questo risultato, limitando tempestivamente gli ingressi dall’esterno, individuando da subito micro zone rosse ed eseguendo una campagna di massa di esecuzione di tamponi e di isolamento dei soggetti positivi al tampone.

Un altro aspetto chiave del loro sistema è la protezione delle figure sanitarie, durante il lavoro e dopo, proteggendo in questo modo anche i familiari da possibili contagi.

Se pensiamo ai numeri italiani, 10% degli infetti è personale sanitario, rappresenta una sostanziale differenza.
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L’impatto del Covid-19 in ortopedia

sospensione attivita chirurgica ortopedia

In una prima fase dell’emergenza, la criticità era principalmente non occupare posti letti in terapia intensiva, che si prevedeva sarebbero stati necessari per pazienti affetti da COVID-19.

In questa fase era possibile programmare ed eseguire chirurgia elettiva, selezionando interventi e pazienti che non avessero caratteristiche tali da prevedere una terapia intensiva nel decorso post-operatorio.

Questo tra il 22 febbraio ed il 9 marzo, quando il nostro governo individuava due zone rosse: Codogno e Vo’.

Eravamo in un momento in cui, probabilmente, si sarebbe potuto ancora gestire l’epidemia come in Corea del Sud, individuando tempestivamente altri focolai e dichiarandoli zone rosse.

L’ortopedico, come ogni medico, deve essere il primo a rispettare le norme di contenimento.

Ma non basta: ogni medico diventa promotore delle restrizioni necessarie, spiegando e promuovendo l’importanza di queste norme con i propri gesti e le proprie parole nella comunità dei propri pazienti e oltre, verso tutti coloro che vedono nel medico una figura autorevole.

Nel mio caso specifico, di responsabile di un team dedicato alla chirurgia della caviglia e del piede, abbiamo comunque privilegiato una chirurgia volta a risolvere gravi disabilità nella deambulazione, rispetto ad una chirurgia prettamente ambulatoriale.
Altre équipe hanno scelto di privilegiare la chirurgia ambulatoriale.

Ogni prospettiva offre vantaggi e svantaggi: non ne esistono una giusta ed una sbagliata.

La motivazione alla base della mia prospettiva era quella di risolvere patologie disabilitanti, offrendo un vantaggio probabilmente più tangibile ai pazienti nel tempo.

Il vantaggio della chirurgia ambulatoriale era quello di rappresentare una chirurgia a basso impegno clinico per il paziente. Lo svantaggio di questa scelta era quello di comportare un numero più elevato di interventi, con un turn-over più elevato ed un accesso di un maggior numero di pazienti in un momento critico in cui l’obiettivo era quello di limitare il ruolo di vettore dell’infezione da parte degli ospedali.

In una seconda fase alla precedente criticità, se ne aggiungono altre: la disponibilità di posti letti ordinari per pazienti affetti da COVID-19, oltre a quelli che necessitano di terapia intensiva. I numeri sono cresciuti e l’epidemia è diventata pandemia.

L’altra criticità è reperire risorse mediche specializzate: anestesisti, rianimatori e infermieri dedicati.

Mel momento in cui scrivo, prima la Lombardia, poi l’Italia stessa sono diventate zone rosse.

La chirurgia elettiva deve essere sospesa.
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Il nuovo rapporto tra medico e paziente

telemedicina

Ogni medico deve contribuire a ridurre la circolazione delle persone, ma non deve abbandonare i propri pazienti.

La TeleMedicina è una risorsa per incontrare i propri pazienti, motivarli e guidarli nel percorso di guarigione.

Come ogni percorso, l’ordine e la riproducibilità sono il mezzo per migliorarlo.

In questo senso penso si possa leggere l’App che in pochi giorni abbiamo sviluppato per rispondere a queste esigenze mie, dei miei pazienti e dei Medici tutti a cui l’abbiamo messa a disposizione.

Un ortopedico si dedica come medico di supporto nei reparti degli ospedali pubblici dove gli internisti, sottoposti a turni estenuanti, non bastano più.

Nel mondo si chiedono se siamo diventati anche chirurghi generali, se il nostro lavoro è cambiato a tal punto.

I valori della specializzazione e della superspecializzazione sono ancora attuali. Questa pandemia non ci riporterà indietro negli anni.

Ma il valore della solidarietà ci spinge a sostenere i nostri colleghi che in questo momento sono in prima linea.

Un ortopedico, però, lotta anche sul campo ,dedicandosi alla traumatologia.

Data l’evoluzione della pandemia, non è più possibile individuare ospedali COVID-19 free da ospedali dedicati alla cura del COVID-19, non in Lombardia.

Interi team di Ortopedici si dedicano alla Traumatologia.

Le strutture hanno sviluppato percorsi dedicati a pazienti non-COVID, completamente distinti.

La strada più comune, però, a livello operativo è di adottare le stesse protezioni utilizzate per pazienti COVID-19.

Probabilmente, sarà anche la via della ripresa della chirurgia elettiva, una volta che le condizioni lo permetteranno e potremo tornare a curare i nostri pazienti.

Perché, come ognuno di noi, l’ortopedico prenderà parte alla Primavera!
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A domanda, risposta

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