Alluce rigido: le patologie correlate
In questo articolo parliamo in dettaglio di:
I piedi sono certamente molto importanti dal punto di vista estetico, in modo particolare per una donna.
La salute del piede è però un problema che va ben oltre i piccoli calli e gli inestetismi. Se viene trascurata, può avere conseguenze dolorose e, non di rado, un impatto sulla qualità della vita del paziente.
Per questo motivo è molto importante rivolgersi a specialisti competenti: per evitare che patologie di semplice soluzione, trattate in modo non appropriato, si trasformino in un problema capace di influenzare le scelte (non soltanto al livello estetico).
Che cos’è l’alluce rigido?
L’alluce rigido è una deformità che riguarda il primo dito del piede comportando per l’appunto rigidità, limitazione funzionale e portando comunemente nel tempo l’articolazione ad una condizione degenerativa artrosica.
Non sempre, però, è giusto parlare di patologia: ci sono alcune persone che per tutta la vita tollerano molto bene questa condizione, che non causa loro dolore o difficoltà.
In questi casi, in assenza di sintomi specifici, di solito non è consigliabile trattare questo problema come una malattia.
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I sintomi dell’alluce rigido
L’alluce rigido si manifesta e viene spesso diagnosticato attraverso un segno evidente: l’esostosi dorsale, che può ricordare la così chiamata “cipolla” tipica dell’alluce valgo, ma che invece di presentarsi laterale si ritrova dorsalmente proprio dove la falange si articola con il metatarso.
L’esostosi dorsale tende ad essere spesso arrossata a causa dell’attrito con calze e scarpe che può portare ad una sintomatologia importante tanto da non permettere più al paziente di camminare con le normali calzature.
L’alluce rigido può essere però accompagnato da altre deformità e problematiche come per esempio le deformità delle dita (specialmente secondo e terzo), quasi sempre derivanti da un alterato sovraccarico causato dal malfunzionamento dell’alluce.
Le dita posso deformarsi in vari modi a martello, a griffe, a maglio. Questo dipende dal sovraccarico e dalle tensioni tendinee che si vengono a sviluppare diversamente in ogni soggetto.
Un’altra conseguenza del sovraccarico metatarsale che si correla sia con le deformità dell’alluce (alluce valgo o alluce rigido), sia con la griffe delle dita, è la metatarsalgia, che si mostra attraverso la tendenza alla formazione di dolorosi calli sulla pianta del piede.
L’alluce rigido fin dal suo esordio causa infatti una limitazione del movimento a livello dell’articolazione.
Quando la possibilità di movimento dell’alluce si riduce sotto i 70 gradi, durante la fase propulsiva del passo, le altre dita del piede sono costrette a compensare le carenze dell’alluce.
Nel lungo periodo, questo causa la comparsa di deformità e dolore a livello della pianta del piede e della dita.
L’importanza della diagnosi: le patologie correlate
Il piede e le articolazioni che lo sostengono debbono essere considerate come un sistema interdipendente: un difetto o una deformazione in una delle parti è il segnale di uno squilibrio che influenza tutta l’anatomia dell’area.
L’alluce rigido potrebbe quindi essere solamente la manifestazione più evidente di un problema più esteso, da trattare nel suo insieme.
Uno dei motivi per i quali il trattamento dell’alluce rigido dovrebbe essere affidato alle mani di uno specialista è proprio perché si tratta di una condizione che talvolta può essere associata ad altre patologie del piede, come per esempio il piede piatto.
In questi casi quindi, una più estesa comprensione della biomeccanica di tutto il piede, avampiede e retropiede, ci può aiutare ad intervenire nella maniera corretta evitando di incorrere in fastidiose e dannose recidive.
Ecco perché tenere conto dell’eventuale pronazione del retropiede, osservare il paziente mentre cammina a piedi nudi, chiedergli di andare sulle mezze punte, piuttosto che di mantenere l’equilibrio sollevando prima un piede e poi l’altro, diventano gesti fondamentali, che un chirurgo ortopedico specialista nelle patologie di piede e caviglia non può perdersi.
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Perché ho dolore alla pianta e il chirurgo diagnostica un problema all’alluce?
Come ho accennato in precedenza, i sintomi dell’alluce rigido, specialmente nella fase iniziale della patologia, possono essere diversi e non interessare l’alluce stesso.
Il dolore alla pianta del piede, per esempio, detto metatarsalgia, si verifica per un sovraccarico a livello dei raggi minori delle dita, tanto da spingere il paziente dal medico per quella tipologia di dolore e scoprire in seguito che il problema deriva dall’alluce.
Altre volte la scorretta deambulazione può portare a scompensi che coinvolgono la fascia plantare. In questi casi si parlerà di fascite plantare o di tallodinite.
La prima cosa che lo specialista dovrebbe fare se c’è una sospetta diagnosi di alluce rigido è esaminare il paziente clinicamente, ma anche attraverso una radiografia, da effettuare con il piede in carico, quindi mentre il peso del corpo è normalmente sostenuto dal piede stesso. Questo permetterà di verificare la diagnosi in modo inconfutabile.
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L’intervento chirurgico
Raramente il trattamento dell’alluce rigido può essere di tipo conservativo e questo non dipende da quanto la patologia peggiori nel tempo, ma dal tipo di sintomatologia del paziente.
Se il dolore è un dolore plantare a livello dei metatarsi il plantare per esempio può aiutare a controllare il dolore. Se ci troviamo davanti ad una fascite plantare correlata ad una contrazione del tricipite surale (polpaccio), oltre che ad una cattiva e viziata deambulazione, lo stretching della muscolatura posteriore della gamba può essere molto utile.
Se invece il dolore è a livello dell’alluce, tipicamente dorsale proprio in corrispondenza dell’esostosi o aumentata nel tentativo di mobilizzazione, allora la soluzione è quella chirurgica.
Il tipo di intervento da noi effettuato è un’osteotomia detta osteotomia obliqua, che consente al metatarso di “scivolare” nella posizione corretta, non impedendo più il corretto movimento dell’alluce, che viene testato direttamente in sala operatoria. Se presente anche l’esostosi dorsale, verrà eliminata eseguendo in aggiunta una cheilectomia dorsale, con scopi sia estetici che funzionali.
La procedura si effettua di solito con approccio mini-invasivo, in anestesia periferica, praticando un’incisione di pochi centimetri.
Il paziente sarà subito in grado di caricare il peso sul piede operato con l’apposita calzatura ortopedica (scarpa piana) da indossare per quattro settimane, per permettere la corretta guarigione dei tessuti.
A distanza di un mese dall’intervento sarà possibile indossare calzature comode, mentre la ripresa dei tanto agognati tacchi, potrà avvenire a circa 90 giorni dall’intervento.
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