Protesi di Caviglia Resurfacing
la protesi di caviglia è la soluzione al dolore e alle limitazioni funzionali dell’artrosi di caviglia
Cos’è la protesi?
La protesi è la sostituzione di un’articolazione con un impianto che ne riproduca il movimento e che si avvicini il più possibile alla sua fisiologia.
La cura dell’artrosi e di alcuni tipi di deformità della caviglia possono richiedere l’utilizzo di questa tecnica.
Una caviglia è composta da superfici articolari tibiali e peroneali che si incontrano, nel piede, con quelle dell’astragalo, garantendo il movimento e la distribuzione del carico durante il passo.
Quando questo delicato equilibrio è compromesso, ad esempio per il sopraggiungere di un’artrosi post-traumatica, può essere necessario intervenire chirurgicamente, per sostituire le superfici articolari degenerate, con l’impianto di una protesi di caviglia.
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Il design protesico
Ogni disegno protesico deve trovare un punto di comunione tra due concetti antitetici:
- la congruenza articolare (congruency), necessaria per replicare il più possibile l’anatomia originaria;
- il vincolo (constraint), ossia la limitazione del movimento delle componenti, da gestire accuratamente per evitare instabilità e consumo.
Il primo matrimonio affidabile tra questi due concetti nasce, storicamente, con le protesi mobile-bearing: impianti con una componente tibiale, una astragalica ed un inserto mobile in polietilene collocato tra queste due.
Questa filosofia di impianto ha permesso di dissipare su due interfacce (componente tibiale e polietilene mobile la prima, polietielene mobile e componente astragalica, la seconda) lo stress meccanico che la protesi deve affrontare.
Uno stress diminuito si è tradotto in una riduzione dei vincoli necessari: con il mobile-bearing si è ridotta la storica e sconveniente voluminosità delle protesi di prima e seconda generazione.
Il risultato più immediato per i pazienti è stato la maggiore durata nel tempo dell’impianto.
Al contrario, il limite è rappresentato dalla riduzione dell’escursione articolare. Il mobile bearing, infatti, raramente offre al paziente un movimento “ampio”, come avviene in una caviglia fisiologica.
La lezione imparata dal mobile-bearing è la necessità di mantenere gli impianti il meno voluminosi possibili, per favorire un risparmio di osso (bone-stock) a entrambi i livelli: tibiale e astragalico.
Il mobile-bearing è ancora oggi attuale; infatti, dal suo patrimonio di acquisizioni sono nati i design moderni, con maggiori potenzialità funzionali e ridotta invasività per il paziente.
L’obiettivo prioritario oggi è di replicare sempre più l’anatomia della caviglia originaria: le protesi moderne associano l’idea del risparmio del bone-stock (osso del paziente) all’obiettivo di una funzionalità migliore.
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La protesi di caviglia resurfacing
Così è possibile spiegare l’evoluzione ed il successo del design resurfacing fix-bearing, ossia un design protesico che prevede un’unica interfaccia di movimento tra tibia e astragalo, senza un inserto mobile tra i due, e che associa un movimento dell’articolazione migliorato a un risparmio osseo importante.
Il resurfacing consente di riprodurre l’originaria anatomia della caviglia partendo da due semplici ma al tempo stesso fondamentali premesse.
In primis le superfici articolari di tibia e astragalo sono curve.
Con il resurfacing si può ridurre al minimo la resezione ossea (asportazione chirurgica di una porzione più o meno estesa di un osso) eseguendo tagli curvi, cioè rispettando la curvatura naturale di tibia e astragalo.
Per poter effettuare questo tipo di tagli è però necessario avere una prospettiva laterale. Ecco la prima grande novità del resurfacing: tagli curvi a riprodurre l’originaria anatomia della caviglia, eseguiti di lato (tramite un’osteotomia del perone che permetta l’esposizione dell’articolazione) offrendo una visualizzazione diretta del centro di rotazione della neo-articolazione.
La seconda istanza è che per riprodurre l’anatomia della caviglia è necessario pensare ad una protesi composta da due pezzi: la superficie articolare tibiale e quella astragalica, escludendo quindi il compenso dell’inserto mobile, elemento centrale nella protesi mobile-bearing.
Affinché ciò sia possibile è fondamentale utilizzare materiali innovativi, tecnologicamente all’avanguardia. È questa la seconda grande novità del resurfacing: l’impiego del Trabecular Metal™.
Si tratta di un materiale derivato dalla lavorazione del Tantalio, capace di riprodurre fedelmente la porosità e tutte le altre caratteristiche biomeccaniche del tessuto osseo.
Il Trabecular Metal™ permette una ricostruzione ossea così affidabile da essere riconosciuto ed ospitato dall’organismo stesso come vero e proprio tessuto osseo. Questa caratteristica garantisce una osteointegrazione senza precedenti, sia in termini di stabilità che di tempi di guarigione.
Quindi, sono il Trabecular Metal™ e i tagli curvi a far sì che il resurfacing ci faccia avere un impianto protesico con una stabilità intrinseca ben al di sopra della media.
E sempre queste due caratteristiche permettono di rinunciare al terzo elemento mobile (inserto in polietilene): stiamo quindi parlando di una protesi fix-bearing (a 2 componenti) che vuol dire maggior movimento per la neoarticolazione, ma anche tempi di recupero generalmente più veloci.
Ho abbracciato e sviluppato questi concetti da subito nella mia pratica e, oggi, su questo particolare design protesico, il mio team ha la casistica maggiore in Europa.
È una scelta tanto rivoluzionaria quanto affidabile che offre grandi vantaggi.
Una protesi che si avvicini alla caviglia sana nella forma e nella funzione.
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Una protesi che si avvicina nella forma e nella funzione ad una caviglia sana: il nostro studio scientifico
La grande differenza tra la caviglia e le altre grandi articolazione dell’arto inferiore (anca e ginocchio) è che la caviglia solo raramente invecchia.
Spessissimo, anche nei pazienti molto anziani, le caviglie sono sane.
Ad indurre dolore ed artrosi sono esiti di traumi (fratture) e deformità.
Pertanto, non è infrequente visitare pazienti con una caviglia malata di artrosi e con l’altra caviglia perfettamente sana.
È molto più raro che questo avvenga nel ginocchio o nell’anca, perché il paziente, invecchiando, mostra segni artrosici bilateralmente.
Questa caratteristica ci ha dato lo spunto e la possibilità di confrontare due diversi disegni protesici con la caviglia sana, cioè quella controlaterale a quella operata.
È stato uno studio davvero innovativo: “Tibial slope in total ankle arthroplasty: Anterior or lateral approach” che ci ha permesso di constatare, con la protesi resurfacing, un ripristino degli assi e degli angoli articolari molto vicino a quello della caviglia sana.
Significa che il design protesico resurfacing si avvicina maggiormente all’obiettivo di replicare nella forma e nella funzione la caviglia originaria.
Ovviamente, è importante ricordare al paziente che una protesi di caviglia, anche il resurfacing, non si comporterà mai come una caviglia sana di un paziente ventenne, ma quanto più si avvicinerà nella forma alla caviglia sana, quanto più ne replicherà le prestazioni.
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Il mio team e la ricerca: cosa abbiamo portato di nuovo
Quando è nato questo design protesico, è stato ovviamente associato ad una nuova tecnica chirurgica.
I limiti che poteva avere questo nuovo design, probabilmente, erano i tempi chirurgici inizialmente aumentati rispetto ad altri design protesici. Si spiega con la maggior accuratezza e precisione dello strumentario.
La nostra esperienza nel curare pazienti affetti da artrosi e la consuetudine con la chirurgia protesica del nostro gruppo, mi ha permesso di sviluppare una tecnica chirurgica originale, che associa la grande precisione di questo sistema a tempi chirurgici ridotti, con notevoli vantaggi per il decorso post-operatorio del paziente.
Oggi due pubblicazioni su riviste internazionali parlano della nostra tecnica, che viene proposta ed insegnata ai tanti visitatori italiani ed europei che ogni giorno frequentano le nostre sale operatorie con l’obiettivo di imparare o migliorarsi in chirurgia protesica: “Treatment of Ankle Osteoarthritis with Total Ankle Replacement Through a Lateral Transfibular Approach” e “Total ankle replacement through a lateral approach: surgical tips”.
La chiave della chirurgia protesica è l’attenzione ad ogni dettaglio: la preparazione del paziente, l’anestesia, il controllo del dolore post-operatorio e la precisione e prontezza di ogni gesto in sala operatoria, non solo mio, ma del team in generale.
Questo motiva l’importanza dei numeri in chirurgia protesica ed il ruolo che i centri di riferimento e le équipe dedicate dovrebbero avere nella cura dell’artrosi di caviglia e nel training di chirurghi che desiderino formarsi per curare questa patologia.
Sono temi che abbiamo studiato e studiamo con grande interesse. Il riassunto del nostro pensiero è racchiuso in due nostre pubblicazioni sul tema su riviste internazionali: “Identifying the learning curve for total ankle replacement using a mobile bearing prosthesis” (pubblicato sulla rivista europea di Chirurgia della Caviglia e del Piede: Foot and Ankle Surgery) e “Pearls and Pitfalls for a Surgeon New to Ankle Replacements” pubblicato su Foot and Ankle Clinics.
Oggi, per un intervento di protesi di caviglia standard, senza tempi accessori, noi prevediamo un tempo chirurgico medio inferiore ai 70 minuti, con criteri di dimissibilità del paziente raggiunti entro 48 ore dall’intervento nell’80% dei casi.
Ovviamente il raggiungimento della completa soddisfazione del paziente passa attraverso un percorso più lungo.
Il nostro paziente viene dimesso, infatti, con uno stivaletto gessato sotto al ginocchio, che viene mantenuto in sede per un periodo che può variare, a seconda di parametri clinici, tra 15 e 30 giorni.
Il passaggio successivo è quello di un tutore articolato che permetta un carico completo. Questo appoggio a pieno carico, comunque, viene normalmente concesso dopo 15 giorni.
Il carico libero, senza tutore, viene di solito concesso a 45 giorni. Anche a questo punto, tuttavia, il persistere di qualche difficoltà può essere normale.
La soddisfazione del paziente si raggiunge in un periodo che oscilla tra i 4 ed i 10 mesi dall’intervento.
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