Diario di una Fellow

Capitolo 1. Preparazione del viaggio

Mi chiamo Camilla Maccario, ho 29 anni e sono un medico chirurgo. Sto ultimando il mio percorso di specializzazione con l’obiettivo di diventare un bravo chirurgo ortopedico e faccio parte dell’equipe del Dr. Federico G. Usuelli.
Vorrei condividere con voi queste prime righe, descrivendovi solo l’inizio della mia grande avventura: 365 magnifici giorni che, nel tempo, vi racconterò, sperando di riuscire ad interessarvi ed appassionarvi.
Ho intrapreso il mio percorso di studio a Milano, come molti altri studenti, lontana da casa e dai miei affetti più cari (sono nata e cresciuta al mare, in Liguria), sempre animata dalle migliori intenzioni e consapevole che la strada per diventare un chirurgo è lunga e complessa.
Nonostante la mia giovane età, spesso lungo il percorso, si è fatta strada la disillusione sul sistema formativo del nostro Paese.
Mi spiace ammetterlo ma la disponibilità nei confronti dei più giovani scarseggia. Frequentemente siamo visti come forza lavoro da sfruttare piuttosto che risorse da coltivare.
Ma non ho mai perso l’entusiasmo e nel 2013 sono entrata a far parte nell’équipe del Dr. Federico G. Usuelli, allora un giovanissimo chirurgo ortopedico, la cui formazione internazionale si è dimostrata preziosa per me, sia in termini di know-how, che di attenzione all’insegnamento.
Federico ha molti meriti ai miei occhi, ma quello per cui lo ringrazio maggiormente è di aver stimolato in me il bisogno di conoscenza ed ancor di più il desiderio di completare la mia formazione grazie ad un’esperienza internazionale.
Così, nel luglio del 2014, armata di buone speranze e grande volontà, ho accettato di partecipare ad un programma di Fellowship, della durata di un anno, in America.

Sappiate che la preparazione per l’anno di fellowship non è stata affatto semplice. Il primo ostacolo è stata la burocrazia degli Stati Uniti. C’è voluto quasi un intero anno per ottenere il J1 VISA, il visto necessario per compiere un anno di lavoro e studio negli Stati Uniti.
Ma era solo l’inizio, ho dovuto superare un impegnativo colloquio in ambasciata (gli americani ci tengono a conoscerti “personalmente” prima di ospitarti). Dopo esserci conosciuti, si sono accertati che avessi anche una buona assicurazione medica, visto che il loro sistema sanitario è completamente privatizzato.
Senza perdere il sorriso, mi sono preoccupata di seguire alla lettera le istruzioni e, finalmente, nel giugno del 2014 mi hanno confermato che ero pronta per la mia fellowship a Baltimora.
O così pensavo! L’arrivo in quella nuova città mi ha colta impreparata. Ad attendermi una realtà non semplice da vivere, piena di contraddizioni e caratterizzata da un incolmabile divario tra ricchi e poveri, neri e bianchi. 
Benché abbia trovato fin da subito grande disponibilità nell’ambito ospedaliero non è stato semplice ambientarsi. Trovare casa, entrare a far parte – professionalmente ed umanamente – dell’equipe ospedaliera non sono stati passi semplici, ho dovuto superare alcuni pregiudizi dei colleghi e reagire con forza a difficoltà che, vivendo da sola oltreoceano, sembravano probabilmente più grandi di quanto non fossero.
Tuttavia, il mio anno da fellow è stato entusiasmante; mi ha permesso di crescere, superare paure e acquisire competenze. Un anno dedicato a me stessa e alla mia formazione, ma soprattutto un’opportunità che ho potuto cogliere frequentando un’equipe giovane e competente, che mi ha preparata e cresciuta per poter sfruttare a fondo questo ulteriore anno di formazione estera.
Queste poche righe, raccontano solo l’inizio della mia grande avventura, 365 magnifici giorni che vorrei condividere con voi. Dunque amici ci aggiorniamo presto per un nuovo capitolo…

A domanda, risposta

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