Chirurgia mininvasiva per l’alluce valgo: la tecnica percutanea per la correzione della patologia e la sua evoluzione

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Chirurgia mininvasiva per l’alluce valgo“, “chirurgia percutanea per la correzione dell’alluce valgo”, “chirurgia al laser per la correzione dell’alluce valgo”: sono alcune delle definizioni più diffuse per indicare le tecniche mini-invasive di correzione dell’alluce valgo.

Questo termine in realtà non definisce una tecnica precisa, ma uno strumento!

Vediamo perché.

Cos’è la chirurgia mini-invasiva percutanea all’alluce valgo?

La chirurgia mini-invasiva percutanea è un tipo di microchirurgia che utilizza frese di diverse dimensioni, a diversa velocità e potenza, per eseguire osteotomie e correggere le deformità dell’avampiede.

L’utilizzo delle frese permette di eseguire queste correzioni all’alluce valgo senza ricorrere a chirurgia aperta, ma servendosi di mini-incisioni. Di qui la definizione “chirurgia mini-invasiva” in ambito scientifico.

Di qui anche miti e leggende popolari e definizioni come “chirurgia laser” per i pazienti, anche se di laser non se ne utilizza mai.

Di per sé, però, questo termine non definisce una tecnica, ma solo e semplicemente l’utilizzo di uno strumento che può essere utilizzato con modalità diverse e tecniche diverse.

Ecco perché il termine mini-invasiva non identifica una tecnica, ma un semplice strumento.

Quindi, si definisce chirurgia percutanea dell’alluce valgo una chirurgia che utilizza frese invece di sega tradizionale per eseguire osteotomie correttive e non ricorre a grandi incisioni chirurgiche, ma utilizza un intervento mini-invasivo tramite micro-incisioni eseguite con strumenti dedicati (beaver).

Si tratta di una soluzione da subito molto popolare tra i pazienti, ma inizialmente non popolare ed osteggiata dalla maggior parte dei chirurghi o comunque dall’establishment di chirurghi affermati.

E’ singolare come negli anni 1995-2005 le pubblicazioni sulla tecnica mini-invasiva indicizzate su pubmed siano ancora assolutamente una minoranza, ma come nelle ricerca informative dei pazienti rappresenti già la maggior richiesta su comuni motori di ricerca.

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Chirurgia mininvasiva per l’alluce valgo: generazioni ed evoluzione

Chirurgia mini-invasiva percutanea per la correzione dell’alluce valgo: prima generazione

La chirurgia mini-invasiva di prima generazione per la correzione dell’alluce valgo fu introdotta da Isham negli Stati Uniti (1990) e successivamente da Mariano De Prado in Europa.

Si tratta di una osteotomia intra-articolare eseguita con frese senza fissazione.

Nei paesi mediterranei è stata da subito un grande successo in termini di diffusione, meno nei paesi anglo-sassoni.

Questa popolarità è dovuta a diverse ragioni, tra cui:

  • la cosmesi per i pazienti (assenza di incisioni)
  • la bassa invasività della procedura (poco dolore post-operatorio)
  • il costo minimo per i sistemi sanitari nazionali e gli ospedali

Indubbiamente questa tecnica ha rappresentato una grande evoluzione in termini di approccio alla patologia in un senso di “rapid recovery”.

Procedure anestesiologiche sempre meno invasive, blocchi eseguibili direttamente dal chirurgo, carico immediato con scarpe piane: sono fattori che hanno indubbiamente hanno incrementato la popolarità di questa procedura.

Oltre a questo, non è trascurabile il fatto che si tratti di operazioni mininvasive con una bassa curva di apprendimento, molto rapidi e molto poco costosi, non essendo prevista sintesi ed essendo disponibili sul mercato anche frese e sistemi risterilizzabili.

Questi vantaggi hanno rappresentato un grande slancio per la diffusione di questo intervento mini-invasivo all’alluce valgo e le sue evoluzioni più recenti (PBS), ma ne hanno anche decretato gli insuccessi, soprattutto in occasioni di applicazione indiscriminata di questa tecnica per qualsiasi deformità, oltre che di utilizzo anche da parte di chirurghi non educati all’uso delle frese.

Indubbiamente, queste soluzioni possono trovare un’indicazione ancora oggi, ma è necessario ricordare i limiti: osteotomia programmata a livello intra-articolare e la mancanza di fissazione.

Queste due scelte implicano:

  • basso potere correttivo di queste intervento mini-invasivo
  • un elevato rischio di perdita di correzione dell’alluce valgo

Chirurgia mini-invasiva di seconda generazione per la correzione dell’alluce valgo, tra equivoco e realtà

La tecnica di microchirurgia all’alluce valgo conosciuta come PDO (percutaneal distal osteotomy) viene considerata chirurgia mini-invasiva percutanea di secondo di livello, perchè è una osteotomia extra-articolare, eseguita con fresa e che prevede una sintesi flessibile (filo di K del 2) dell’osteotomia alla diafisi metatarsale.

Si tratta di una tecnica originariamente descritta da Bosch. Magnan e altri successivamente ne hanno confermato la validità dei risultati per la correzione dell’alluce valgo e ne hanno esteso l’utilizzo alla correzione della bunionette senza modificare la tecnica originale proposta da Bosch.

Successivamente è stata proposta una modifica della tecnica “open”, senza utilizzo di frese, ma con una sega tradizionale (SERI). Tale tecnica, per quanto ad invasività ridotta e con risultati simili a quelli descritti per la PDO, non può essere annoverata tra le correzioni percutanee e/o mini-invasive per l’alluce valgo in quanto tecnica aperta che non prevede l’utilizzo di burr per l’osteotomia.

La PDO ha dimostrato una buona versatilità della correzione anche di deformità importanti, ma è gravata da diverse limitazioni tra cui la “non-dosabilità” della correzione da parte del chirurgo ed il non controllo della posizione della testa del primo metatarsale durante il processo di guarigione e consolidazione.

Questo espone il paziente al rischio di accorciamento del primo metatarsale, elevazione della testa del primo metatarsale e non completo controllo della correzione della componente rotazionale della patologia.

Studi recenti hanno dimostrato come, in realtà, la patologia dell’alluce valgo rappresenti una patologia assolutamente tridimensionale, in cui la componente rotazionale gioca un ruolo rilevante nell’insorgenza della patologia e di una eventuale recidiva in caso di correzione.

Chirurgia mini-invasiva di terza generazione per la correzione dell’alluce valgo: la tecnica MICA

La tecnica originale, descritta da Joel Vernois e David Redfern, è caratterizzata da un’osteotomia a forma di chevron (a forma di 2v2) extra-articolare distale con conservazione della lunghezza del primo metatarso. La stabilità dell’osteotomia è fornita da una fissazione interna con due viti, con almeno una di questa a fissazione a 3 punti.

In combinazione con l’Akin è stato dimostrato essere affidabile anche per gravi deformità triplanari, consentendo ai pazienti un recupero rapido, il carico immediato con scarpe piane e la ridotta necessità di antidolorifici durante il recupero post-operatorio.

Con questa tecnica mininvasiva è possibile ottenere oltre il 90% delle dislocazioni complete della testa e oltre ancora. Ciò ha portato all’osservazione che l’osteotomia a forma di chevron non influisce sul risultato finale né sulla stabilità della correzione. Ciò ha portato alla prima modifica di questa tecnica, trasformando l’osteotomia a forma di chevron in un’osteotomia retta.

Con il tempo diversi autori hanno proposto piccole modifiche alla correzione percutanea all’alluce valgo, sostenendo di aver ideato diverse tecniche mininvasive nuove e originali con acronimi nuovi e diversi.

L’opinione degli autori è che MICA, di Joel Vernois e David Redfern, sia stata davvero un punto di svolta nella correzione dell’alluce valgo. La tecnica MICA dovrebbe essere considerata la definizione corretta per tutte le tecniche mini invasive di terza generazione. Piccole modifiche per migliorare i risultati finali sono ben accette, ma continuare a cambiare nome per ogni modifica della tecnica originale potrebbe risultare estremamente divisivo e confusionario, anche per la comunità degli ortopedici specializzati in piede e caviglia.

Proprio perché può essere una chirurgia “time-consuming per i primi casi e non libera da insidie, è importante che il chirurgo si attenga a delle regole chiare e semplici, che eviti tempi chirurgici non necessari.

Il decalogo del successo della chirurgia mini-invasiva di terza generazione MICA.

  1. eseguire la tecnica chirurgica MICA senza tourniquet e con costante irrigazione per evitare fenomeni di necrosi ossea, superficiale e cutanea
  2. utilizzare il micromotore come una penna, evitando di esercitare trazioni improprie e mantenendo il polso appoggiato e stabile durante la chirurgia mininvasiva
  3. stabilizzare la correzione utilizzando un filo di Kirschner del 2.0 (o ancora maggiore) per evitare che lo stesso si pieghi e renda difficile il suo posizionamento nel corretto orientamento
  4. che la stabilizzazione temporanea attraverso il filo di K e definitiva tramite la vite passi attraverso entrambe le corticali della diafisi e non abbia un decorso intramidollare
  5. utilizzare una vite cannulata compatibile con un filo di Kirschner delle dimensioni del 2.0 per rendere la chirurgia mininvasiva più semplice ed efficace
  6. in caso si scelga per questa opzione (vite cannulata compatibile con filo di K del 2.0), e nel caso la vite sia correttamente posizionata, evitare la stabilizzazione con una seconda vite. In questo caso la microchirurgia sarà più breve più economica
  7. eseguire una toilette con micromotore e fresa wedge a livello della sede dell’osteotomia e della dislocazione. In caso contrario, una frequente lamentela del paziente sarà la prominenza di uno “spigolo” in tale area. Può essere evitabile con una toilette accurata e con la presenza di un’unica vite rende questo passaggio più facile e accurato
  8. considerare un’osteotomia di Akin nella maggior parte dei casi per implementare l’efficacia e la cosmesi della correzione. La letteratura ha già dimostrato l’efficacia e la sicurezza dell’osteotomia di Akin senza fissazione. Per questo suggeriamo di considerare questa opzione che non riduce efficacia della tecnica chirurgica mininvasiva, riducendo invece costi ed i tempi
  9. in caso si consideri la tecnica chirurgica MICA senza fissazione per l’Akin è importante prestare attenzione alla qualità del bendaggio e rinnovarlo periodicamente (algoritmo dell’autore: 10-20 e 30 gg)
  10. consigliare il paziente al carico immediato con scarpa piana per circa 30 giorni: ripristinare il pattern of gait fisiologico è una scelta vincente. Al ritorno alla calzatura abituale è utile rieducare il paziente alla fase del passo, per prevenire alcune alterazioni del passo antalgiche che potrebbero indurre metatarsalgia ed altri problemi successivi.

TAC IN CARICO: planning e monitoraggio dei risultati della correzione dell’alluce valgo.

La TAC in carico è uno strumento che negli anni ha cambiato radicalmente la diagnosi ed il modo di fare prevenzione di patologie e deformità complesse, come “progressive collapsing foot” e artrosi di caviglia.

E’ evidente e condiviso che oggi l’alluce valgo non rappresenti una deformità semplice e banale, ma che sia davvero una patologia complessa e da analizzare per le sue caratteristiche ( l’elemento triplanare della deformità ed il ruolo delle rotazioni è provato, ma da approfondire) e per le sue correlazioni con retropiede e caviglia.

La TAC in carico associata a sistemi di misurazione semiautomatica permette un’analisi più sofisticata della deformità.

Tuttavia, al momento non è chiaro quali siano gli elementi che debbano portare il chirurgo a considerare una correzione complessa di retropiede e avampiede oppure una correzione isolata.

E’ fondamentale prevedere una raccolta sempre maggiore di esami per riuscire ad interpretare i risultati. La chiave in questo ambito sono sempre “big data” e “good data”.

Ad oggi è, però, chiaro che la correlazione con i sesamoidi per interpretare rotazioni e prevenire rischio di recidiva aumentato può essere nuovamente fonte di grande interesse con l’obiettivo di arrivare ad un planning che correli rotazione e posizione reciproca di sesamoidi e metatarsali in carico.

Inoltre, è evidente che la formula di Maestro rappresenti un riferimento indubbiamente criticato, ma ancora molto considerato da diversi chirurghi.

Oggi, correlare lunghezza e plantarflessione dei metatarsali con lunghezza e posizione nello spazio del primo metatarsale offre una possibilità di interpretazione di patologie correlate all’alluce valgo (metatarsalgia e dita a griffe) in passato impossibile.

La TAC in carico rappresenta inoltre uno strumento per monitorare e verificare l’affidabilità della correzione chirurgica.

Esistono infatti strumenti di rielaborazione dell’immagine che permettono di andare a misurare l’entità dello spazio articolare. Questa misurazione, che prende il nome di distance mapping, ha una forte correlazione con i risultati ottenibili mediante force-platform, trasformando l’esame TAC in carico in un esame potenzialmente funzionale e non semplicemente di imaging.

Rielaborazione di imaging come distance mapping possono essere considerati come strumenti da approfondire per interpretare l’impatto della correzione sulla funzione delle articolazioni adiacenti all’area di correzione, correlando semplicemente la funzione di articolazione metatarso-falangea e tarso metatarsale in modo diretto e misurabile, dando per esempio nuova vita e prospettiva diversa al concetto storico di instabilità tarso metatarsale nella genesi di alluce valgo e alluce rigido.

Osteopath assessing a hallux valgus or bone growth at the base of the big toe on a woman patient in a close up on her foot

A domanda, risposta

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