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rottura tendine d'achille
Federico Usuelli15-set-2017 10.00.003 min read

Cura e prevenzione per il tendine d’Achille: quando diventa necessario un intervento

La terapia d’attacco per la fase iniziale della patologia è l'esercizio fisico terapeutico: la più potente Medicina in questo momento.

Può essere adiuvato da terapie fisiche, quali TecarTerapia e Onde d'Urto. Entrambe hanno la finalità di favorire la vascolarizzazione del tendine e di ridurre la sintomatologia dolorosa.

L’esercizio fisico terapeutico può portare ad una piena soluzione del problema, ma l'Ortobiologia (branca della Medicina che utilizza cellule staminali al servizio del paziente ortopedico) in associazione all'esercizio fisico ha un ruolo ancora più potente in termini di risoluzione della sintomatologia achillea e di prevenzione di rottura.

La prevenzione tramite l’ortobiologia

Un’opzione di prevenzione efficace è offerta dall’ Ortobiologia o medicina rigenerativa, che fa uso di PRP o cellule multipotenti ed è l’ultima risorsa prima della chirurgia. 

I PRP sono fattori di crescita, messaggeri biochimici presenti nel sangue di ognuno di noi. È possibile isolarli mediante un semplice prelievo di sangue, seguito da un’immediata centrifugazione. Circa 20 minuti dopo il prelievo di sangue venoso, i fattori di crescita diventano disponibili per essere iniettati a livello tendineo.

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Esistono poi le cellule “totipotenti” derivanti dalla frazione “stromale” del tessuto adiposo. Più semplicemente, nel tessuto grasso di ognuno di noi esistono delle cellule, definite multipotenti, che sono in grado di generare altri tessuti. Un semplice prelievo del tessuto adiposo ed un altrettanto semplice processo di filtraggio le rende disponibili per l’iniezione intratendinea. Sono entrambe tecniche di rigenerazione innovative, affidabili e sicure.

Dal 2014 al 2018, sono stato il responsabile del primo studio in Europa per il confronto di queste due metodiche, che rappresentano una delle più importanti novità che l’Ortobiologia ha messo al servizio della cura dei nostri pazienti.

Questo studio, pubblicato su KSSTA nel 2017 e premiato in ambito di congresso ESKA come STAR PAPER, ha dimostrato che le cellule mesenchimali possono avere un ruolo importante nella cura della patologia achillea e nella prevenzione dell'evoluzione della tendinopatia. 

Quando diventa necessario un intervento per il tendine d’Achille

Quando tutto questo fallisce, il tendine d’Achille può andare incontro ad un processo di rottura. In questo caso è fondamentale una diagnosi precoce, che permette di ridurre il processo di “retrazione dei monconi”.

Infatti, dopo una rottura completa, il muscolo tende a contrarsi ed accorciarsi. La diagnosi è clinica, ma può essere confermata da indagini di imaging come ecografia e risonanza magnetica.

Alla diagnosi precoce è importante che segua un intervento altrettanto precoce, per ristabilire la lunghezza tendinea. 

Le possibili complicanze dovute all’intervento

La più importante complicanza post-operatoria può essere il ritardo di guarigione della cute a livello dell’incisione. Tale condizione determina sempre un’esposizione tendinea ed un rischio di sepsi e/o necrosi. 

Per ridurre il rischio di complicazioni oggi esistono tecniche mini-invasive, che permettono una riduzione dello stress sui tessuti molli ed una precoce guarigione. I detrattori della mini-invasività dubitano sulla stabilità di tale riparazione, ma in un lavoro che ho condotto nel mio periodo di fellowship alla Duke University e presentato al meeting della Società Americana a Denver nel 2008 (Usuelli, Easley et all) ho dimostrato l’efficacia di tale riparazione mini-invasiva e la sua associabilità anche a protocolli di riabilitazione accelerati che prevedano un’immobilizzazione da subito a 90° per dare la corretta lunghezza del tendine dall’inizio ed una precoce mobilizzazione.

Nel mio articolo precedente sulla rottura del tendine d’Achille potete trovare un approfondimento sulle soluzioni chirurgiche per questa patologia.

Mancata diagnosi della lesione

In caso la lesione non venga diagnosticata (succede nel 20% dei casi) la retrazione tendinea non rende possibile una riparazione termino-terminale. Esistono delle soluzioni che prevedono dei transfer tendinei.

Si tratta di soluzioni chirurgiche che prevedono l’utilizzo di un tendine (flessore lungo dell’alluce) a supporto del tendine d’Achille, rispettando biomeccanica e vascolarizzazione di entrambe, per ottenere una guarigione biologica funzionale, compatibile con una vita da atleta.

Si tratta di interventi eseguibili in endoscopia o con tecniche mini-invasive con incisioni inferiori al centimetro e che permettono un carico immediato, un ritorno ad attività fisica blanda sportiva a basso impatto a circa 2 mesi, alto impatto a 3-4 mesi.

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