Capitolo 3. Una cena speciale

Ricordo bene quanto elevata fosse la mia ansia prima di partire per questa avventura e di quanto poco tempo ho avuto bisogno per farmi prendere dall’euforia di quel nuovo mondo!
Sicuramente le persone che avevo intorno mi hanno aiutata a rendere il mio inserimento meno difficoltoso del previsto, riempiendo le mie giornate e aiutandomi nell’organizzazione.
Parole d’ordine: non sprecare tempo, né occasioni!
Una di queste è stata la cena a casa di Mark Myerson per la Wednesday lecture.
Terminato il meeting del lunedì, durante il quale si discutevano i casi della settimana, siamo stati invitati a casa sua, per la lezione del mercoledì. L’invito non era rivolto solo ai fellows ma anche ai visitatori, sempre numerosi. Mark ci disse di vestirci comodi, in tuta, e che eravamo invitati a rimanere per cena.
Mark abita poco fuori Baltimora. Appena arrivata lo trovai vestito con una tuta della Nazionale Italiana. Dopo poco intravidi dei tappetini sistemati sull’erba del giardino e capii: ci aspettava una sessione di yoga.
Ogni due 2 mercoledì, ogni mese, l’appuntamento a casa di Mark si ripeteva regolarmente e con stesso schema: yoga, lezione e cena.
La lezione di yoga (nulla a che fare con lo yoga di base) si svolgeva fra arrampicate, acrobazie e posizioni varie: stremante. Uscivamo provati da quell’ora di attività fisica ad eccezione del nostro maestro, soddisfatto nel vederci distrutti ed ansimanti.
Nella seconda parte della serata ci riunivamo in salotto a discutere del tema del giorno. Solitamente era Mark a chiederci quale argomento volessimo approfondire: dal piede piatto, alle patologie meno comuni come la Charcot Marie Tooth, dalla protesica di caviglia all’artrodesi, dall’alluce valgo alle osteotomie sopramalleolari.
Durante la lezione Mark ci invitava come sempre ad interagire. Non era un monologo, ma un reale scambio di idee e opinioni, supportato da fonti bibliografiche. Nei giorni precedenti, ci venivano assegnati da Mark stesso alcuni articoli ortopedici specifici che dovevamo leggere prima della lezione, in modo da avere un’idea riguardo alle tecniche, passate e presenti, e più in generale sull’argomento oggetto della discussione.
Discutere con lui e gli altri fellows è stato davvero produttivo per me. In quei mercoledì si concentravano settimane di domande non fatte, per mancanza di tempo e spazio, e chiarimenti sui dubbi accumulati. Il fatto di discutere singoli temi, ci permetteva di focalizzarci, per sviluppare una reale competenza, evitando la confusione generalmente indotte dall’apprendimento di troppe nozioni eterogenee in una sola volta.
La cena che seguiva, rigorosamente preparata da Mark con il nostro aiuto, ci dava il tempo di assimilare meglio quanto discusso e di porre ulteriori domande.
Inutile dirvi quanto Mark sia stato fondamentale nel mio anno a Baltimora. Il suo metodo formativo mi ha sorpresa fin da subito. Ci vuole sicuramente una buona dose di pazzia e genialità per chiedere a dei giovani fellows stremati dopo una giornata di lavoro, di partecipare ad un’ulteriore lezione, quando quello che vorresti sarebbe andare a casa, a riposare.
Riuscire a trasformare una lezione in un evento bimensile che nessuno vorrebbe perdersi è qualcosa che mi ha davvero colpita. Senza nulla togliere alle squisite cene preparate dallo chef Mark.

A domanda, risposta

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